VegasMaster vi parla molto spesso dei giochi di oggi, ma quasi mai del gioco di un tempo e ancora meno dell'aspetto sociale ed economico del gioco d'azzardo ai suoi albori. Per fortuna c'è chi ha dedicato lunghi studi a questi argomenti. Il Professor Gherardo Ortalli insegna Storia Medievale all’Università Ca’ Foscari di Venezia e tra le sue numerose pubblicazioni alcune interessano da vicino il mondo del gioco: l'ultima in data è "Barattieri - Il gioco d'azzardo fra economia ed etica. Secoli XIII -XV" (Il Mulino, 2012). Il Professor Ortalli si è gentilmente prestato a rispondere alle nostre domande e lo ringraziamo per la disponibilità. Come vedrete subito, le differenze tra il gioco di un tempo e quello di oggi non sono quelle che pensavamo. E scoprirete chi è che dovrebbe veramente riflettere sugli insegnamenti della storia del gioco:
VegasMaster: Professore, in cosa è cambiata la posizione del gioco d'azzardo nella società italiana dal Medioevo a oggi?
Professor Gherardo Ortalli: Moltissimo è cambiato, perché è cambiato il mondo, ma restano simili o addirittura identici alcuni elementi di fondo a partire specialmente dal rapporto fondamentale scommessa-denaro che, nei termini in cui oggi continua, nasce nel medio evo, nel secolo XIII, in coerenza con la nascita dell'economia moderna.
In cosa è diverso il giocatore di oggi dal giocatore di allora? Si può dire che la passione del gioco si è progressivamente estesa nell'ultimo secolo a classi sociali che in precedenza la ignoravano?
Anzitutto mutano gli strumenti del gioco d'azzardo. In origine sono soprattutto i dadi. Dalla fine del secolo XIV, il Trecento, entrano in campo le carte giunte dall'Oriente. Il Quattrocento e soprattutto il Cinquecento vedono la straordinaria diffusione delle lotterie. Il lotto trionfa appieno in tutta Europa nel Seicento. L'azzardo non è una prerogativa di qualche classe sociale, così in passato come oggi. Cambiano piuttosto le modalità e i tipi di gioco d'azzardo che vengono praticati ai diversi livelli della società. Possono semmai aumentare o diminuire la diffusione e la propensione al gioco a seconda delle politiche pubbliche e delle forme della moralità collettiva.
La letteratura (italiana e non) ci insegna che il fenomeno che oggi chiamiamo ludopatia è sempre esistito fin dai primi giochi d'azzardo. In cosa questo problema era diverso prima della nascita dei casinò moderni? Si può comparare la gravità economica e sociale del problema tra epoche storiche diverse?
La ludopatia in senso lato è sempre esistita ma comincia ad essere trattata come tale nel corso del Cinquecento. È del 1561 il primo trattato medico sulla ludopatia, ma in precedenza si cercava di "curare" i malati di gioco vincolandoli con accordi e impegni finanziari da parte di giocatori che s'impegnavano a non giocare più, con rinunce all'azzardo sancite da atti notarili a rischio di forti penali o pene di vario genere, con giuramenti. La logica del casinò moderno, si badi bene, nasce nei suoi presupposti con le prime concessioni pubbliche di gestione del gioco attraverso appalti. È nel Duecento che nasce lo "stato-biscazziere", come ho spiegato nel mio volume su i "Barattieri".
I media parlano a volte di fenomeni marginali di illegalità e di violenza attorno al gioco d'azzardo: ci sono sempre stati? Se sì, sono esistite problematiche tradizionali inerenti al gioco d'azzardo che la società moderna, il gioco pubblico o le istituzioni hanno risolto?
La violenza e l'illegalità sono una realtà costante e a lungo i barattieri (cioè quanti erano, per così dire, malati di gioco) venivano associati ai ribaldi. Il vero azzardo, ripeto, nasce nel corso del Duecento con il gioco pubblico: vietato in quanto tale ma consentito dalle pubbliche autorità in determinati luoghi e a determinate condizioni (in linea di massima onerose, a vantaggio del fisco). È la situazione per cui oggi molti stati, Italia compresa, aprono larghi spazi all'azzardo che dicono di voler contenere.
Possiamo farci un'idea del modo in cui era vissuto l'aspetto morale e religioso del gioco d'azzardo nei periodi che lei ha studiato?
Ci sono periodi di maggiore o di minore ostilità al gioco d'azzardo, comunque sempre considerato un vizio anche quando consentito. Il secolo XV, per esempio, vede la grande predicazione religiosa duramente impegnata contro il gioco. L'Ottocento, il secolo XIX, troverà invece nelle idee umanitarie e socialiste i massimi avversari del gioco di denaro, specialmente di quello praticabile dai ceti sociali più bassi (il lotto anzitutto).
In cosa era diverso da oggi il giudizio della società verso i debiti di gioco? È cambiata l'attitudine del debitore rispetto ai suoi impegni di gioco?
Le attitudini restano più o meno le stesse. Cambiano piuttosto le norme giuridiche.
Cosa dovrebbe imparare il giocatore di oggi dal giocatore di un tempo?
Nulla. La difficoltà di giocare ragionevolmente e i rischi connessi all'azzardo sono gli stessi. Sono le autorità che dovrebbero imparare a gestire e contenere meglio i possibili rischi, tenendo conto che ci si deve misurare con pulsioni forti e potenzialmente rischiose, da contenere e regolare in modo chiaro, senza troppo illudersi di spegnerle.